ROMA
Alla morte di Domiziano, per
evitare la discontinuità politica, fu istituita la
trasmissione del potere attraverso il principio dell’adozione
in sostituzione di quello ereditario. Nerva (96-98), Traiano
(98-117) che conquistò la Dacia e l’Arabia, Adriano
(117-38) che rafforzò i possedimenti in Britannia (vallo
di Adriano), Antonino Pio (138-61) e Marco Aurelio (161-80)
furono esempi di capacità politica e di saggia amministrazione.
Il principato tornò ereditario con la successione del
figlio di Marco Aurelio Commodo (180-92). Le alte spese militari
per proteggere i confini, carestie e pestilenze, a cui si
aggiunse una guerra civile fra militari per la successione
al trono, indebolirono l’impero. Con Settimio Severo
(193-211), nonostante le riforme dell’amministrazione
e dell’esercito, iniziò una profonda crisi che
si protrasse sino a Diocleziano (284-305). Con la constitutio
antoniniana di Caracalla (212), che aveva allargato a tutti
i sudditi dell’impero la cittadinanza romana, fu portata
a compimento formale l’azione di livellamento e di parificazione
del grande organismo territoriale. Nel frattempo la diffusione
del cristianesimo all’interno delle classi dirigenti
e della stessa corte imperiale e il costituirsi della chiesa
quale centro aggregante di vita non solo religiosa ma anche
etica costituirono un pericoloso avversario che gli imperatori
combatterono con continue persecuzioni.
Dopo la riforma di Diocleziano che definì un nuovo
assetto territoriale e amministrativo dell’impero, separando
potere militare e civile e pose le basi, con la tetrarchia,
della divisione dell’impero in occidente e oriente,
e il riconoscimento del cristianesimo quale religio licita
(editto di Milano, 313) da parte di Costantino (306-337),
l’occidente vide il rafforzarsi dell’autorità
della chiesa romana e la progressiva decadenza economica e
politica. Riunificato dallo stesso Costantino, l’impero
fu nuovamente diviso da Teodosio (379-395) fra i figli Onorio
(395-423) e Arcadio. Le continue infiltrazioni di popoli germanici,
la solidarietà offerta loro da servi e contadini oberati
dall’alta pressione fiscale, le lotte fra i proprietari
terrieri delle province e fra i comandanti militari dell’esercito
indebolirono le difese di confine che non ressero l’urto
delle invasioni di unni e goti (sacco di Roma da parte di
Alarico, 410) sino alla deposizione di Romolo Augustolo (476)
da parte dell’erulo Odoacre. La costituzione dei regni
romano-barbarici, in particolare quello italico toccato all’ostrogoto
Teodorico che nel 493 aveva esautorato Odoacre, favorì
il sorgere della potenza papale attorno al cospicuo patrimonio
ecclesiastico. Per l’elezione del pontefice si scatenarono
sanguinosi conflitti di natura politica e religiosa. Sconvolta
dalla guerra greco-gotica, Roma subì un drastico calo
demografico e territoriale. Occupata dal generale bizantino
Narsete (552), si riprese sotto il pontificato di Gregorio
Magno (590-604), liberandosi dalle ingerenze orientali dopo
lo scisma monotelita (2ª metà del sec. VII) e
le rivolte popolari del 725 e 726-29. Nel 754, per far fronte
alle mire espansionistiche longobarde, il papato iniziò
la politica di alleanza con i franchi (Pipino, re dei franchi,
diviene patricius romanorum) che culminò con il riconoscimento
di Roma quale sede della chiesa e della monarchia universale
(incoronazione di Carlo Magno, Natale 800); si venne così
a formare un vasto dominio in Italia centrale soggetto all’autorità
pontificia (stato pontificio).
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